Bene o male, purché sia un "like"

Chi l’ha detto che un prodotto vive solo di pareri positivi? C’era una volta – e c’è ancora adesso – nelle lande civilizzate dell’Inghilterra, un marchio di alimentari inseguito da orde d’insaziabili fan e odiato a distanza da disgustati osservatori. Questo marchio si chiama Marmite e lo si trova piazzato su gallette di riso e creme da spalmare a non finire, in tutti i vicoli della ridente nazione. È un po’ come il calcio: o lo si ama o lo si odia, nessuno guarda una partita giusto per guardarla, i tifosi la urlano e gli “odiosi” la ignorano, entrambi inondano i social network con fiumi di “like” o carrellate d’insulti, ma tutti, tutti, prima o poi, ne parlano.
La dolce ditta non ha inventato niente di nuovo, in realtà, invitando buoni e cattivi a prendere posizione – “love” o “hate” – nei confronti del prodotto. “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”, Oscar Wilde brontolava pubblicità già alla fine del 1800 e con lo stesso spirito l’hanno seguito i più famosi creativi e le più conosciute star del mondo.
Niente di nuovo, dicevo, ma un’ottima strategia. Il bene non esiste senza il male, per capirci, più gli “hater” prendono posizione, più i “lover” amano la “fiaccola” olimpica sotto la quale si raduna la loro tribù. L’ottima strategia non poteva che declinarsi in un ottimo sito, naturalmente, dove amanti e nemici possono condividere odio o amore in tutte le salse, di persona o sui social. Bene o male purché se ne parli, ma non solo: c’è qualcosa di più, qualcosa d’ingegnoso che canalizza il disprezzo degli “hater” in divertimento puro. Quasi a dire, insomma, che nessuno può odiare il discusso colosso, che è tutto un gioco.
Ottima strategia, mi ripeto, ma ora spazio all’eterno dubbio: funzionerebbe anche in Italia? 
marmite_lover_hater

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