Mai sentito parlare di finti influencer o fuffologi? Allora vi trovate nel web che non c’è.
Tornate con i piedi sulla rete, ma non lasciatevi intrappolare.
Veronica Gentili – autrice di un blog che parla di social media e web marketing – descrive così le due categorie “spesso, a mio avviso, usate in modo improprio e fuorviante, racchiudono la grande verità del Web 2.0: potenzialmente tutti possono diventare un punto di riferimento per il proprio settore, potenzialmente tutti possono crearsi uno spazio in cui sparare cazzate.”
Ci risiamo: ricominciamo a parlare di finti professionisti del web che navigano sulle spalle di chi professionale lo è sul serio. Il finto influencer specula sul numero di follower su twitter e sul punteggio del Klout, senza pensare al valore dei contenuti che scrive. Il fuffologo vanta di aver fatto grandi esperienze quando invece ha collezionato solo lavori inesistenti e inconsistenti, introvabili anche dall’inarrestabile Google.
Non è tutto. I finti professionisti spacciano il loro “lavoro” a prezzi molto più bassi dei professionisti veri e propri che garantiscono invece qualità di esecuzione, aggiornamento personale e disponibilità continuativa a un prezzo buono e giusto. Inutile dire che la qualità di chi svende improbabili competenze è proporzionale al compenso che richiede.
Il consiglio dunque – per tutti i veri professionisti, ma anche per i clienti in generale – è di guardarsi le spalle, lo schermo e una parodia sul tema creata da Fulvio Romanin. Surreale, penserete. Eppure la realtà, a volte, è quello che sembra. Anche nel web.
Chi vale davvero si vede. E nell’era digitale si clicca.
Buon lavoro!
Sembra invece che chi vale davvero venga cliccato distrattamente. Vedi Youtube; milioni e milioni di vedenti visitatori annoiati numerati e a volte cliccanti.